LA ROSSA SULLA ROSSA – Intervista a Valentina Bertelli

UNA DONNA, UNA MOTO ROSSA E TANTA PASSIONE PER I VIAGGI,

TUTTO IN UN’INTERVISTA PER SVELARE CHI È DAVVERO “LA ROSSA SULLA ROSSA”!

Ho sempre trovato interessanti quelle persone coraggiose che decidono di viaggiare coscientemente o inconsciamente con mezzi scomodi, non adatti o poco convenzionali, forse perchè sono sempre stato uno che ha voluto sempre viaggiare nel modo più comodo possibile.

Tutto questo per soddisfare la mia curiosità e per andare a colmare quella voglia di scoperta anche del lato femminile del viaggio e per cercare di capire come ragionano le viaggiatrici proprio perchè essendo un uomo questo aspetto mi è totalmente estraneo.

Così nelle righe seguenti potrete leggere una serie di domande sconclusionate o geniali, che ho deciso di fare a questa viaggiatrice dai capelli Rossi che viaggia con una moto tutta Rossa, una Ducati 999.

Spero che vi piaccia e ringrazio Valentina per essersi prestata a questa intervista.

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Quali sono i libri che hanno maggiormente influenzato la tua vita? Quali di questi, sul mondo delle moto sono per te i più importanti? E sui viaggi? E in altri ambiti?

Io credo di non aver mai letto un libro sul mondo delle moto. A memoria, che non fosse un manuale, nonostante me lo sia sempre ripromesso e ne abbia diversi… E non me ne spiego il motivo! Però leggo diverse riviste, vale?


Libri di viaggio:
Dante, La Divina Commedia;
Antoine de Saint-Exupéry , Il piccolo principe – dimmi te se non fa un viaggio,lui -;
Bruce Chatwin, Patagonia.

Libri in generale:
Ray Bradbury, Fahrenheit 451 – mi piacciono libri e film che narrano realtà distopiche -;
J. D. Salinger, Il giovane Holden (The catcher in the Rye);
Richard Bach, Il gabbiano Jonathan Livingston.

Perchè la moto, e perchè viaggiare in solitaria? (cosa ha fatto scaturire in te la voglia di salire in sella a una due ruote e partire) Soffri del complesso del vivere le cose in maniera scomoda/difficile?

La moto mi affascina almeno dall’adolescenza. Il perché, sinceramente, non lo so… O meglio: so perché mi piaccia ora, ma non perché ne volessi una!

Come dico spesso, “Vado in moto perché mi fa stare in equilibrio” ed è vero. Io non ne ho per nulla e non ci si spiega come faccia ad averne su due ruote. E, per la cronaca, amo destreggiarmi su mezzi a rotelle: pattino da che ne ho memoria (anche se con delle lunghe pause) e mi riesce anche bene.
Evidentemente mi piace vivere su qualcosa di sferico!

Partire in sella a una moto? Banalmente ho solo coniugato due passioni che avevo: viaggiare e guidare. Ho iniziato a farlo quando ho cominciato a essere autonoma abbastanza da seguire gli altri, per poi proseguire da sola. Se ho atteso un po’ è perché ero davvero, ma davvero una schiappa. Da sentirmi dire di cambiare mezzo (e va bene, la 9 non è consigliabile per cominciare, specie se si è impediti come lo ero io) o, addirittura, di lasciar perdere. Ma io sapevo che ci sarei riuscita, quindi – con qualche scenata isterica d’accompagnamento, lo ammetto – ho sempre mandato tutti a quel paese. Ho fatto dei corsi di guida, ho accettato di girare solo con persone che non mi mettessero ansia e che, pur di avere la mia compagnia, sapessero aspettarmi e aiutarmi senza arrabbiarsi…

Complesso della scomodità. Non l’ho mai percepita, ma sì. In parte. Ho bisogno di sentire fatica, anche quando faccio sport. Spesso devo rientrare distrutta, stanca. Come se dovessi dissipare energia (che ho da vendere, e infatti qualcuno mi definisce un po’ aliena – o animale – perché prendermi per sfinimento è una lotta persa!). E anche questo cozza con un altro aspetto di me: la pigrizia. Sebbene non sembri, io sono molto, molto pigra ed evidentemente devo amare qualcosa molto, molto, molto per “soffrirne” pure. Per quanto riguarda la mia moto, tuttavia, è solo un caso. È quella di cui mi sono innamorata e, sebbene

ne abbia testate diverse, è quella su cui mi trovo comoda. Ho alcuni acciacchi e la posizione di guida “accucciata”, “fetale” in realtà mi dà quasi sollievo (pensare che mi ci metto così anche quando guido le maxienduro!). Acciacchi che, ahimé, quest’anno mi hanno tenuta ferma più dei DPCM concedendomi poco tra cui, cosa che ho fatto ben raramente, una “pistata”. Perlomeno ogni tanto riporto la rossa nel suo habitat!

Per chiuderla lì, mi piace sempre fare un paragone che trovo decisamente calzante. Hai presente i maxi robot dei Manga giapponesi? O dei cartoni animati? Bene: questi si componevano del corpo del robot e di un’unità, comandata da un umano. La loro fusione dava vita al personaggio, attraverso un incastro perfetto. Io sulla mia moto mi sento così: è una mia promanazione, un’appendice, una parte di me. Ecco perché, poi, probabilmente non percepisco la fatica. Ma diventiamo un unicum. E se non posso raggiungere un determinato posto, la mia risposta è sempre uguale: scendo e ci arrivo a piedi. Semplice, no?

Come vivi il fatto di essere una donna viaggiatrice e motociclista? in questo ambito dove misurarsi il pipino è diventato lo sport principale, come ti rapporti a questi spacconi?

Beh, oddio… l’atteggiamento un po’ da guascona, con gli uomini spacconi, ce l’ho sempre anche al di fuori del motociclismo!
È più forte di me: non li sopporto i “maschioni” che si pongono in questa maniera, ma non ho ancora la maturità adatta per lasciarli perdere. Perciò, ogni tanto, mi ci metto in competizione oppure li provoco.

L’essere una donna viaggiatrice mi ha messa davanti a un quesito – e all’ennesima battuta banale -: “ti hanno aiutata perché sei donna”. In realtà credo che sia una questione di attitudine . Conosco tantissimi uomini (moto-viaggiatori in primis) aver risolto grossi problemi perché educati e sorridenti; di contro, so di diverse occasioni in cui le persone a cui ci si è rivolti non hanno fatto una piega, pur se interpellate per aiuto. A dicembre, durante il mio ultimo viaggio, mi sono imbattuta in una barista albanese con cui il dialogo è stato nullo, nonostante ci abbia provato sorridendo e con garbo. Forse timidezza o forse poca volontà di interagire… In altre occasioni ho, viceversa, incontrato propensione alla chiacchiera pur parlando tutti lingue differenti. Rendo?

Poi, probabilmente, ancora oggi una ragazza – sola e in difficoltà – fa tenerezza, ma se a muovere le persone verso di me fosse questo, lo considererei… non un fallimento, ma di certo non un’evoluzione.
Sono un(a) biker. Sono una persona e voglio migliorare questo di me, a prescindere dal sesso.

In che modo pensi che il viaggio abbia fatto crescere/mutare il tuo essere donna? E’ stato un cambiamento positivo?

Mh… non lo so. Certamente, con il tempo, ho ridimensionato la “straordinarietà” del mio vagabondare solitario.

Chi viaggia solo di solito ha una grande dimestichezza con la solitudine. Pensi che questo sia un vantaggio nella società moderna dove si ha quasi paura del silenzio? Se sì perché saper gestire lo stare da soli è così importante per te?

Silenzio e solitudine sono due cose diverse. Sono una chiacchierona, però in moto non voglio l’interfono. Giammai. Voglio i miei pensieri e basta, eppure spesso a casa lavoro con un film di sottofondo, che mi aiuta a concentrarmi. Strano, no? Sono figlia unica, sono sempre stata timidissima, laconica e mi sono trasferita spesso, sia in Italia che oltreoceano. Questo mi ha imposto di imparare a stare o a resistere da sola, ma anche a evolvere e a comprendere velocemente la realtà circostante, per amalgamarmici il più possibile. Forse sviluppare socievolezza è stato più dettato da una necessità di imbastire, seppur poco, delle connessioni umane. Per arrivare ad apprezzare la compagnia, con gli anni. Senza esagerare, eh!

A me piace stare da sola… è sempre stato così, non lo patisco e non lo faccio per raccattare consensi (sai, la donna che viaggia da sola fa “scena”). Ne ho bisogno, a volte cerco l’isolamento perché mi rigenera. Specie dal web: la facilità di essere in contatto con il mondo, a parer mio, non deve travalicare i confini personali. A meno di urgenze e bisogni, non mi piace sentirmi in dovere di interagire con tutti quando me lo chiedono, e viceversa. Siamo iperconnessi, iperstimolati e sovraffollati nei pensieri. Preferisco prendermi delle pause per essere sinceramente più propensa a interagire quando fatto spontaneamente.

Altra cosa: molto banalmente a me piace fare quello che mi pare, come mi pare e quando mi pare. E più amo quello che sto facendo, più gradisco che l’esperienza sia piacevole e cucita su di me. Quindi questo è uno dei motivi principali. Ritengo decisamente odioso “lasciarsi rovinare” un viaggio da una compagnia poco confacente. Un altro motivo è “l’odore della paura”. Mi spiego:

se sono in compagnia condivido decisioni, gioie e timori con l’altro. Da sola, invece, hai la spada di Damocle su ogni scelta: dall’orario di partenza, al luogo in cui dormire o alle difficoltà da attraversare (come i tanti sterrati su cui mi cimento, nonostante la SBK). Ho il peso delle responsabilità che grava sul mio paraschiena e questo mi piace. Se sono in gruppo, anche minimo di due, è difficile che sia io la “tour leader”, anche perché a volte il mio modo di girare non incontra il gusto del compagno, quindi mi adatto.

Se, poi, l’altra persona – o le altre – tendono alla pianificazione esagerata io ci sto male! Viaggiare per me non è solo toccare mete: è fagocitare bulimicamente ciò che mi passa per la testa, cambiare itinerario continuamente, perdermi, prenotare un hotel all’ultimo minuto… sono disordinata anche nel muovermi. Perciò, tocca che lasci pianificare a terzi quando in gruppo o decidermi a essere organica, godendomi meno l’esperienza. Per carità ho già portato gente in giro, ma quello non è divertimento!

E comunque, c’è una componente di “non so che” che mi rende più calzante il viaggiare da sola. Una componente che non so spiegare, e forse non è necessario farlo.

Te lo avranno chiesto in molti, perchè viaggiare con una Ducati 999, quando potresti prenderti una affidabile e noiosa BMW 1200 GS? Che legame si è formato con la tua moto? e perché dà qualcosa in più alla tua vita e al viaggio?

Ho provato per la prima volta la 999 del mio ex moroso. E, a quanto pare, non ne sono più scesa… prendendone una tutta mia. Cercò di “impedirmelo” in tutti i modi, suggerendomi almeno di valutare un CBR (600 o 1000 che fosse), ma io mi ero impuntata. Di moto non ci capivo granché, quindi ho scelto “di pancia” e per la sua – a mio modestissimo avviso – bellezza! Adoro il doppio fanale tondo in verticale (ripreso anche dalla Bimota) ed è l’unica così!

Nella mia mente, se penso allo stereotipo del motociclista, lo vedo su una sportiva (sarà che mio babbo ha un CBR?). A me piacciono proprio tanto le superbike, è decisamente un gusto irrazionale.

E, in fondo, io volevo provare la pista… Il resto è venuto da sé. All’epoca, pur di accaparrarmela, chiesi a mia mamma un prestito. Alla fine fu un vero cofinanziamento da parte sua, che oggi non c’è più. Quindi, quella moto, non si vende. MAI. Ne sono troppo innamorata (posto che, a oggi, o finisce in una teca o le è rimasto solo un forte valore intrinseco, poiché definirla “vissuta” sarebbe anche poco). È la mia moto. Punto. E a circa 96000 km sto pensando a come celebrare i… 99999!

Ciò non toglie che potrei aggiungerne altre e, oltre a Ducati, mi piace molto la KTM. Anche l’Africa Twin.
Il GS? L’ho provato. Più di uno. E non mi piace! Non mi piace esteticamente e non ci sto comoda. E poi tutte le volte in cui ci salgo su, cado. Vedi? È insofferenza reciproca!

Ma poi, passata la curiosità, alla fine: che male faccio? Io comprendo il normale e ovvio interesse di chi mi chiede perché viaggi con la 3×9, ma le lezioni di vita sulle moto non mi vanno giù. Non ho iniziato ieri e, se volessi cambiarla, lo farei. Evidentemente…
Sia chiaro: accetto sempre un consiglio. Ma non tollero l’insistenza. Viceversa, preferirei un appunto sulla guida – ma da persone realmente capaci – perché posso sempre migliorare. Oppure sulla fotografia, dato che i miei racconti patiscono il mio maldestro modo di imprimerli su carta!

Come vedi il futuro delle donne in moto in Italia? Pensi che sia ora che molte “zavorrine” si prendano la moto e insegnino agli uomini che sanno condividere la strada con loro senza problemi? o pensi che alle donne non freghi nulla di prendere il manubrio in mano?

Credo che molte donne ancora debbano slegarsi da qualche preconcetto. Ma le “quote rosa” (oddio che termine orribile!!!) aumentano. Sono fermamente convinta che dovremmo considerarci tutti “biker”, senza ghettizzazione eccessiva. Sicuramente la presenza di sole donne, in taluni casi, può confortare anche alla luce dei maschioni saccenti di cui parlavamo prima.

Si badi: non sono contro i gruppi femminili tout court! Alcuni tendono a chiudersi o, peggio, a essere “esclusivi” nel senso più stretto: escludere. A volte ho anche riscontrato troppa acredine nei confronti degli uomini e non sarà questo ad ammorbidire gli irriducibili.

Per certi versi penso anche che, alcune donne, decidano di salire in moto per protesta o per dimostrare qualcosa. Il motociclismo storicamente era legato alla sfera maschile, ma probabilmente questo “riscatto” si palesa in tante altre attività da “cromosoma Y”. E poi sì: tante, tantissime le donne che amano questa disciplina! E che vi si stanno accostando, con il favore anche dei propri compagni. Per quanto riguarda le passeggere, ci sono tante persone che amano restare dietro, quindi mi auguro che si arrivi a scegliere liberamente senza subire pressioni, prima o poi!

Io ho la fortuna di vivere nella “terra dei motori”: ammetto di conoscere molte biker e poche “zavorre”, ma forse questo triangolo fortunato di regioni non è realmente indicativo.

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