Marta Brambilla: viaggio dalla Svizzera al Giappone in moto




Sono andato a intervistare Marta Brambilla, una giovane donna Svizzera che ha intrapreso un viaggio in sella alla sua Yamaha Tenere 660 dalla sua terra natia fino al Giappone passando per la Scandinavia. Arrivata a destinazione ha deciso di fermarsi e di riprendere il suo lavoro di traduttrice vivendo per un periodo in un monastero buddista. Un viaggio attraverso mezza Europa e Asia compiuto in solitaria, un’impresa davvero unica e interessate.

Come mai hai deciso di dirigerti verso l’Oriente? E perché come meta finale hai scelto di andare in Giappone?

È da quando sono ragazzina che amo il Giappone, pur senza ben sapere il perché. Mi hanno sempre affascinata le arti marziali, le moto giapponesi e l’approccio tipicamente giapponese alla bellezza e alla raffinatezza dei gesti, dei silenzi, dei vuoti. Tutto questo mi ha portato a studiare la lingua e la cultura giapponese all’università e da quando mi sono laureata nel 2007 ho sempre desiderato mettere piede sul suolo nipponico, se non altro per cercare di scambiare due parole in questa bizzarra lingua (non me ne voglia la mia prof!).

E poi, non è mica colpa mia se il Giappone è proprio lì, in faccia a Vladivostok alla fine della Transiberiana! E qui arriviamo al perché verso Oriente. Di nuovo, non lo so di preciso, ma la Transiberiana, più come idea, come mito, come percorso, che come tratta ferroviaria, ce l’ho impiantata nel cervello per colpa di un altro professore, di matematica questa volta. Da quando lui per la prima volta ne parlò in classe, io sapevo che prima o poi ci sarei andata.

Come mai hai deciso di intraprendere questo viaggio in sella a una motocicletta? Come sei arrivata a questa scelta ? E chi ti ha inculcato la passione per le motociclette?

Inculcato non credo sia la parola più adatta, nel senso che nessuno mi ha forzato: semplicemente, mio padre mi ha caricato dietro di lui sulla sua Yamaha 1000 quando avevo 13 anni e da lì non sono più voluta scendere. Mi piacciono le emozioni che provo quando sono in sella a una moto, soprattutto se guido. La scelta del mezzo? Volevo la libertà di scegliere dove e quando fermarmi, senza vincoli di orari o altre imposizioni esterne. Poi non avrei mai lasciato la mia moto da sola in Svizzera!

Si sa, un viaggio inizia molto prima della partenza: quali sono state le reazioni di chi ti stava vicino? Avresti voluto più sostegno o quelle reazioni sono state proprio quel carburante in più che ti ha convinta a partire? E, se sì, perché?

Ora posso tranquillamente riderci su ma devo dire che sono veramente pochissime (giusto una o due) le persone che hanno reagito mettendo me e i miei sogni, i miei desideri, ed eventualmente la mia sicurezza, prima delle loro paure, dei loro dubbi, della loro invidia e quant’altro. Diciamo che è stata una bella occasione per analizzare come le persone reagiscono all’ignoto, all’imprevisto, al diverso in generale. Soprattutto, ho avuto modo di vedere chiaramente come l’essere umano tenda a proiettare se stesso sugli altri quando giudica/reagisce alle situazioni, alle persone. Anche se spesso si sono create situazioni dolorose (per me), questa è stata una grande lezione di vita che mi ha permesso di avvicinarmi agli sconosciuti incontrati per strada in modo già diverso. Sicuramente sì, avrei voluto più sostegno.

Ma di nuovo, sostegno non è la parola più adatta. Credo che avrei voluto più partecipazione, più amore, più entusiasmo. Non avevo bisogno di aiuto, ma avrei preferito avere più persone con cui poter liberamente condividere il mio entusiasmo e anche i miei pensieri più profondi, le mie paure. Invece per tutto il tempo prima della partenza (e in realtà anche durante e dopo, questo è vero ancora adesso) ho dovuto come camminare sulle uova, cercando di non dire troppo proprio per evitare di creare situazioni spiacevoli. E soprattutto, per evitare di non essere capita, per l’ennesima volta.

Molte persone pensano che fare viaggi così lunghi e senza avere tutto prenotato sia pericoloso: sei mai stata in situazioni di vero pericolo? Oltre ad una predisposizione, quali caratteristiche ci vogliono per compiere un viaggio come il tuo? Pensi che sia alla portata di tutti?

L’unica situazione di vero pericolo che ricordo è stata una mia leggerezza alla guida: sono rimasta per troppo tempo davanti a un camion (troppo vicino) e una macchina che lo ha superato è rientrata troppo presto perché ovviamente non mi aveva vista e c’è davvero mancato poco mi prendesse in pieno. Ma questo può succedere ovunque. Anche nel tratto casa-lavoro. Poi c’è stato l’unico tentativo di vera truffa che ho subito in Russia: hanno cercato di mettere in atto un trucchetto per estorcermi qualche euro ma essendomi informata molto prima di partire conoscevo la trappola, non ci sono cascata e la cosa si è chiusa senza nessuna conseguenza per me.

Secondo me non ci vogliono caratteristiche particolari per fare viaggi lunghi in generale, a prescindere dal mezzo di trasporto. Si tratta di affinare un po’ l’istinto (e questo viene solo con la pratica) e di applicare il buon senso sempre, il tutto miscelato a un po’ di prudenza e a una buona dose di capacità di adattamento, a seconda del Paese che si sta visitando/attraversando. Tutto il resto non c’entra. Chiunque può fare qualsiasi viaggio si metta in testa di fare. Ci tengo solo a sottolineare una cosa: i pericoli sono esattamente gli stessi a casa nostra come all’estero. D’accordo, certi Paesi richiedono più prudenza e preparazione culturale per essere attraversati ma qui si tratta appunto di studiare, leggere, informarsi. Poi ognuno adatterà il viaggio alle proprie esigenze, ai propri limiti, ai propri mezzi e alla situazione sociale e politica del momento. So di una donna non più giovanissima e affetta da morbo di Parkinson che ha fatto un viaggio epico in moto.

So che sei partita per questa avventura spinta da un avvenimento che ti è capitato nella vita? Cos’è stato? Vuoi raccontarlo?

In realtà, come credo sempre, anche nel mio caso non si è trattato di un unico avvenimento. Questo mio viaggio è il risultato di una somma di piccoli e grandi avvenimenti nel corso degli anni. Mentre per quanto riguarda l’evento di cui parli tu, in realtà non credo ci sia moltissimo da dire: è la tragedia di aver perso precocemente un carissimo amico per colpa del cancro. Diciamo che questo evento ha rappresentato la fatidica goccia che ha fatto traboccare un vaso ormai stracolmo. Forse la chiave di tutto è stato il giorno in cui l’ho chiamato e mi ha detto che gli avevano dato tre mesi di vita: ricordo che poco dopo, in un momento di riflessione, mi chiesi: “ma se succedesse a te, se domani un medico ti dicesse che ti sono rimasti tre mesi da vivere, saresti soddisfatta della la tua vita, potresti affrontare la morte con serenità?”Il viaggio è stata la mia risposta a questa domanda.

Si pensa sempre che viaggiare in solitaria significhi soffrire di solitudine, invece si è più aperti a incontrare persone. Potresti raccontarci l’incontro più significativo, la chiacchierata più bella fatta con uno sconosciuto? E perché ti è rimasta nel cuore?

Ero già in Siberia, in un punto sperduto lungo la strada che costeggia la Transiberiana e, come accadeva spesso, mi sono fermata in una gastiniza senza nome né indirizzo. Quel giorno aveva piovuto copiosamente e da poco era tornato a splendere il sole. Lungo la strada avevo anche incontrato gli effetti di una mini esondazione di un corso d’acqua: tutto l’asfalto era coperto di fango e si doveva fare lo slalom tra le buche piene d’acqua evitando le auto che procedevano in senso inverso. Arrivo quindi in questa gastiniza stanca morta e coperta di fango. Mi dicono che hanno una stanza ma prima di entrare chiedo un secchio d’acqua e una spugna per togliermi il fango di dosso, altrimenti avrei sporcato dappertutto. Credo che questo gesto sia stato il primo passo per farmi una nuova amica.

Tania lavora in questa gastinizia come donna delle pulizie e tuttofare, e appena mi sono un po’ sistemata e ci siamo trovate fuori dalla vista della sua principale, molla la scopa e mi si avvicina. Non posso dire che abbiamo parlato, perché lei parla solo russo e le mie conoscenze rudimentali non mi permettono di intrattenere vere e proprie conversazioni ma ci arrangiamo a gesti e con il mio dizionario bilingue. Tania, originaria della Bielorussia, è curiosa e vuole sapere tutto: da dove vengo, dove vado, se ho figli, perché viaggio da sola. Un po’ le solite domande che mi fanno tutti, ma per certi versi a lei interessano davvero le mie risposte. Le offro acqua e biscotti, e lei ricambia con due banconote mongole.

Mi racconta che il marito è di Irkutsk, e fa il camionista (per questo le banconote estere); ha una figlia di 11 anni che studia lingue e pare molto brava. Trascorriamo così più di mezz’ora e in realtà sento che il nostro scambio avviene a un livello molto più profondo di quello puramente verbale. Questo è ciò che mi è rimasto nel cuore. Alla fine, Tania mi scrive una frase in russo nel mio diario che, dopo alcuni sforzi di traduzione, credo dovesse suonare pressappoco così: “tu viaggi senza paura attraverso tutta la Russia”Se potessi, tornerei indietro solo per poterla abbracciare e poterle dire grazie.

Pensi che questo viaggio ti abbia fatto crescere? E se sì in che modo? Cosa ha cambiato nella tua personalità e nella tua visione del mondo?

Domanda complessa a cui sicuramente non posso rispondere a fondo in poche parole qui. Ma riassumendo posso dire che sì, il viaggio mi ha molto cambiato, ha cambiato la mia scala di valori, ha cambiato gli aspetti della mia vita a cui do importanza. Ha completamente cambiato la mia visione del mondo e della nostra società: ora sono molto più critica e consapevole nelle scelte che faccio.

Cosa consiglieresti a una donna che volesse affacciarsi al mondo dei viaggi in solitaria? cosa potrebbe fare per sconfiggere il classico presupposto che viaggiare per una donna sia pericoloso?

Non amo dare consigli perché ogni scelta è una questione personale. Quello che posso fare è raccontare quello che ho fatto io: ho evitato di cercare di “convincere” gli altri che avevo ragione io con il mio desiderio di partire, che poi non si tratta di avere ragione o torto, e mi sono semplicemente concentrata sul mio obiettivo di viaggioChi ti vuole bene davvero ti starà accanto come può, gli altri non hanno alcun interesse a starti accanto ma semplicemente proiettano su di te le loro insicurezze (come dicevo più sopra). Questi ultimi vanno semplicemente ignorati (anche se purtroppo sono difficili da evitare).

Per quanto riguarda il pregiudizio donna in viaggio da sola = pericolo, posso solo dire che invece l’essere donna spesso è un vantaggio. Gli estranei sono, tendenzialmente, meno sulla difensiva di fronte a una donna sola. Per il resto, come dicevo prima, i pericoli sono gli stessi. Di nuovo, vale conoscere il meglio possibile la cultura che si sta attraversando; esistono anche una cultura e un approccio allo stupro (che è poi quello a cui molti pensano in questo contesto) che variano da Paese a Paese, il resto è buon senso. Ho sempre cercato di non trovarmi mai da sola in piena notte in una zona che non conosco, ma questo non lo farei nemmeno in Svizzera, per esempio.

Immagino che ti saranno state fatte tante domande sul tuo viaggio, c’è una domanda che avresti voluto che ti facessero ma nessuno ha pensato di farti?

L’unica domanda che credo non mi abbia mai fatto nessuno è se, sapendo ciò che so oggi, deciderei comunque di partire. La risposta è sì, mille volte sì.

 

Ho letto il tuo libro è l’ho trovato molto interessante, perché hai deciso di scrivere un libro di poesie? Questa forma di narrazione in qualche modo rispecchia la tua personalità? E se sì come?

Durante questo viaggio ho ricordato (cose che accadono in viaggi del genere) più di una parte di me che avevo profondamente sepolto. Tra queste ci ho trovato l’amore per la poesia come forma espressiva che sì, in effetti mi si addice molto. Io ho una memoria molto fotografica e penso spesso “per immagini”. E credo che la poesia sia molto simile a una foto: hai pochissime parole per raccontare un momento, un istante, ma soprattutto per trasmetterne le emozioni.

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Foto di Marta Brambilla; è possibile acquistare il suo libro sul sito www.paroleontheroad.com

Articolo preso dal sito www.mangiatoridicervello.com

 

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